Il villaggio dei mille telai

 

 

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A Preyveng – poche case allineate lungo il fiume e mille telai – la tessitura è un’arte tramandata da sempre di generazione in generazione. Dista meno di quaranta chilometri dalla capitale ma ci vogliono ore ad arrivarci, ed è raggiungibile solo nella stagione secca: durante i monsoni è circondato dall’acqua. In macchina, sulla statale N1 che collega la capitale con il Vietnam, si coprono facilmente i primi trenta chilometri fino al Mekong. Il traghetto non ha orari e bisogna fermarsi ad aspettare al villaggio, quattro case e qualche palma da cocco.

Le donne – il capo avvolto nei krama – arrostiscono pannocchie di granturco sul fuoco e vendono involtini di riso glutinoso e banana, mentre gli uomini giocano a carte. Un gruppo di bambinetti raccolti intorno a un malconcio tavolo da biliardo mimano, armati di stecche, i gesti dei giocatori. L’unico maschio al lavoro è un vecchietto senza neanche un dente in bocca: espone sulla sua bancarella sigarette e un grosso barattolo pieno di un liquido rosso nel quale galleggiano pezzi di corteccia. L’intruglio è così fortemente alcolico che ubriaca solo ad annusarlo.

Sul traghetto pochi passeggeri, moto, mucche, qualche sacco di cavoli, taniche di benzina e ceste di uova che cuociono al sole rovente. Allo sbarco ci aspettano i motodop, i taxi locali. Viaggiamo su sentieri sterrati dove le buche diventano avvallamenti, voragini. Più di una volta dobbiamo scendere e spingere la moto fuori dal pantano. Un carro carico di fieno si è impantanato fino al mozzo della ruota e i buoi non riescono a tirarlo fuori.

Procediamo lentamente per un tempo interminabile fino al successivo traghetto, un braccio del Mekong. Lo attraversiamo su un mezzo che pare improvvisato – poche assi, senza motore né remi – che raggiunge la riva opposta grazie a un filo teso tra i due lati del fiume lungo il quale si spinge il barcaiolo. Salgono a bordo anche le nostre moto. Al di là procediamo a zig zag tra i fagioli stesi a seccare al sole in mezzo al sentiero e i tendoni colorati di un matrimonio di villaggio. Gli sposi sono due ragazzini, anche se lei con il trucco sembra un po’ più grande.

Al villaggio dei tessitori ci accoglie un’anziana con la bocca di un rosso vivace, ma non è truccata: la signora mastica le foglie di betel che tingono labbra e denti. Le case del villaggio sono allineate lungo il sentiero, tutte hanno telai nello spazio fra le palafitte, chi uno, chi due o più. Ai telai donne, ragazze, bambine, molte giovani madri coi figlioletti vicino, una con una mano lancia la spoletta, con l’altra dondola l’amaca dove dorme il figlio lattante.

Sui telai sete dai colori brillanti, lavori finissimi dai raffinati accostamenti. Le tessitrici quando interrompono il lavoro coprono il telaio per proteggere la loro opera dalla polvere e dalla terra gialla del sentiero.

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In ogni zona di telai un uomo dorme su un’amaca. Gli uomini pescano di notte, ci dicono. Nella casa più grande – dieci telai – c’è l’ufficio: una grande stanza al primo piano sopra le palafitte, dove si lavora accucciati sul pavimento. In un angolo due bauli di metallo chiusi con il lucchetto contengono i preziosi filati di seta forniti alle lavoratrici. Il pavimento è fatto di listelli montati a distanza l’uno dall’altro per permettere il passaggio dell’aria. Sotto vediamo le ragazze al telaio. La signora con le labbra rosse è una maestra e ci mostra le foto della madre, della nonna, della bisnonna da cui ha imparato a tessere. Lei non ha discendenza e trasmette la sua arte alle ragazze del villaggio.

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La signora seduta per terra prepara all’arcolaio i fusi di seta, fuori sul terrazzo una bambinetta prepara le spolette colorate. La casa è dotata di un vero e proprio gabinetto, che ci mostrano con orgoglio: una stanza interamente piastrellata con una turca e, di fianco, una grande vasca sempre piena d’acqua con una pentola per versarla. Tutto è pulitissimo. Questo lusso è il risultato del lavoro ai telai. Nel villaggio tutto è semplice, c’è povertà, ma non miseria o squallore. La seta ha migliorato la qualità della vita di tutti. Le tessitrici sono nelle mani degli intermediari che portano gli ordini, fissano i prezzi e vendono loro il filato, legandole indissolubilmente con i debiti.

A queste donne Il Nodo potrebbe portare innovazione, nuove idee, ma soprattutto un contatto diretto con il mercato che da qui sembra lontano nello spazio e nel tempo.

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